Reputazione professionale, un percorso oltre le recensioni

da | Ott 25, 2018 | Reputazione aziendale

Il mondo delle professioni intellettuali è oggi sottoposto a una serie di cambiamenti dettati dalle nuove modalità di comunicazione digitale. Affermare la propria competenza vuol dire anche utilizzare i canali digitali per rafforzare la propria identità professionale. Ricondividiamo dal blog di Datacrazia, il post scritto da Santina Giannone, CEO di ReputationLab, sponsor del convegno Datacrazia, svoltosi lo scorso 11 settembre a Palermo.

“Quando cominciamo a lavorare a un piano di reputazione aziendale- spiega Santina Giannone- sono numerosi i fattori, interni ed esterni, che sottoponiamo ad analisi. La reputazione è un concetto duplice: tiene conto di quanto facciamo e di come ciò viene percepito all’esterno dagli stakeholder. Occorre partire sempre dall’identità specifica di chi comunica, che rappresenta un valore insostituibile, in particolar modo per i professionisti.

È utile ricordare, infatti, che siamo animali gerarchici e che percepiamo il valore soprattutto in termini di differenza. Un piano di comunicazione volto alla valorizzazione e al rafforzamento della reputazione di un singolo professionista non può essere il frutto di una serie di dichiarazioni e aggiustamenti estemporanei. Occorre lavorare alle tematiche che generano solidità e affidabilità professionale, ma allo stesso tempo dedicare a ciascuna carriera l’attenzione necessaria a far emergere la differenza e dunque l’identità specifica. Il rischio è di omologarsi alla logica di alcuni strumenti di Intelligenza Artificiale, alcuni dei quali oggi fanno coincidere la reputazione con la produzione di un gran numero di recensioni. Il meccanismo della riprova sociale, alla base del funzionamento delle recensioni, di certo funziona; tuttavia per un piano e una strategia di comunicazione coerente è la diversità di ciascuna carriera a fare la differenza nelle azioni di personal branding: oltre le recensioni c’è molto di più. Ecco qualche spunto perché ogni professionista possa riflettere sul suo personale piano di reputazione professionale”.

 

FASE 1: CHI SONO? È molto importante delineare (e delimitare) il campo di competenza. L’iperspecializzazione, qualora si volesse procedere in questa direzione, può essere altrettanto pericolosa che un’identità troppo generalista. Una scelta efficace è quella di qualificarsi come professionista specializzato in un settore, con riferimenti specifici ad almeno 2 o 3 tematiche che rappresentano una chiave di ricerca sul web, attraverso adeguate parole chiave.

Per un avvocato è importante qualificarsi come specialista di un settore attraverso gli studi e l’esperienza (ad esempio, specialista nel mercato immobiliare); può essere ulteriormente utile esibire una specializzazione maggiormente verticalizzata (in un settore specifico del mercato immobiliare, ad esempio, come l’acquisizione e gestione di immobili per le società oppure la risoluzione dei contenziosi relativi ai processi di vendita tra privati) perché questo aiuta a scremare il pubblico all’origine.

FASE 2: QUALE TONO DI VOCE/STILE MI È PIÙ CONGENIALE?  Una volta delineata nel dettaglio la propria identità professionale, è utile comprendere quali sono i canali a disposizione per poterla raccontare e quali tra questi è meglio utilizzare. La prima caratteristica su cui fondare ogni piano di comunicazione è senz’altro la coerenza. Se l’utilizzo trasversale e più assiduo dei social network può essere consigliato a chi gestisce con disinvoltura queste modalità comunicative, d’altra parte per chi non vi è avvezzo o ha un profilo istituzionale è preferibile una selezione più rigorosa.

FASE 3: QUALI CONTENUTI PRODURRE? Esistono poche regole sempre valide per la produzione dei contenuti da diffondere sul web, riferimento per ogni settore:

  • I contenuti devono rappresentare valore per chi li legge: non contenuti scritti di fretta, poco articolati, o su temi di cui non si è padroni. L’utente sul web legge poco e solo ciò che gli interessa, per cui i contenuti inediti hanno una migliore fruibilità e un posizionamento migliore su Google;
  • Ogni testo (sul blog o sui social) deve essere comprensibile non solo per gli specialisti: sconsigliato un linguaggio eccessivamente tecnico e uno stile barocco;
  • I testi vanno scritti in una forma adeguata per il web: attenzione alle parole chiave, agli indici di leggibilità, alle regole SEO, ai link in uscita, alle immagini (con relativi tag) a corredo;

FASE 4: QUALI STRUMENTI UTILIZZO? Per molti professionisti il blog personale diventa il punto di ancoraggio digitale da cui i contenuti si dipartono attraverso mirate operazioni di content management.  Per tornare all’esempio di cui sopra, una persona che deve risolvere un contenzioso sull’acquisto di un’immobile e vuole documentarsi online, probabilmente cercherà prima le parole chiave che si riferiscono al contenuto del problema. Ciò gli consentirà di verificare se ci sono casi simili al suo e come sono stati affrontati. Trovare sul blog di uno studio legale, o di un singolo professionista, dei contenuti interessanti, significa creare una relazione virtuale che genera fiducia e che può trasformarsi in una relazione di consulenza effettiva. Allo stesso tempo i contenuti che approfondiscono un’area specifica serviranno a scremare il pubblico generalista, attraendo chi si riconosce nelle casistiche riportate e filtrando chi, invece, ha altre necessità e altri interessi. Il blog diventa quindi il centro propulsore della comunicazione, che poi va riversata, secondo il principio di coerenza di cui sopra, sui canali social attivi: LinkedIn, anzitutto, per la sua specificità professionale, ma anche Facebook, che oggi con le numerosissime opzioni a disposizione nelle campagne di advertising ci consente di filtrare il pubblico secondo interessi, dati demografici e anche geografici (opzione molto importante per gli studi professionale a dimensione territoriale); interessanti le opportunità di Twitter. Su questo social network è consigliata un’azione di ricerca preventiva, per comprendere quanto il settore in questione sia approfondito e se gli stakeholder con cui interloquire sono presenti. I video, infine, costituiscono una risorsa importante, ma nel piano di reputazione professionale devono essere dosati e pensati come contenuti autorevoli, sia nella qualità che nel contenuto.

FASE 5: SOCIAL MEDIA LISTENING I social network non devono essere intesi solo come piattaforma di distribuzione dei contenuti. Una comunicazione coerente prevede un’interazione con gli utenti, rispondendo a domande, messaggi, commenti. L’interazione tra le persone è il vero valore aggiunto, anche sul digitale. Il professionista che intende ampliare la propria rete deve esercitare azioni attive di engagement, ricercando i profili di altri stakeholder pertinenti, leggendo i loro contenuti, commentandoli. La relazione digitale non prescinde dalle regole di empatia e disponibilità che ogni relazione offline richiede. I profili di chi utilizza i social network solo per parlare e poco per ascoltare, finiscono per essere presto percepiti come esclusivamente pubblicitari e dunque poco frequentati.

FASE 6: CREATIVITÀ E COSTANZA È possibile sviluppare numerosi altri contenuti e veicolarli per altrettanti canali di comunicazione, ma quanto sopra descritto rappresenta il punto di partenza imprescindibile per un piano di personal branding dedicato alla reputazione professionale. Con una raccomandazione: la coerenza deve misurarsi con la costanza. Qualunque sia l’estensione del piano di comunicazione in termini di tempo e di canali, tutte le azioni vanno alimentate, personalmente o attraverso dei professionisti del content management, in maniera costante. Un blog aggiornato di rado o dei social che collezionano solo link di tanto in tanto non sono certo il miglior biglietto da visita per un professionista, anzi, ne raccontano un’identità professionale frammentata e discontinua. L’opposto di ciò che richiede una solida reputazione.

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