Che Facebook stia cercando di darsi delle regole sui contenuti lo sappiamo bene.
Cambi di algoritmo, valutazioni sulla qualità dei contenuti dei testi e delle immagini, feed personalizzati e ADS cucite addosso ad ogni utente.
Tutto gira attorno ad un caro, vecchio concetto del marketing:
La qualità del contenuto.
Perché potrai investire milioni di euro in pubblicità, ma se il detersivo che produci non smacchia, non fregherai i consumatori a lungo ed il mercato ti punirà presto con l’oblio.
Questo è, più o meno, quello che sta cercando di fare Facebook: isolare i contenuti molesti e fastidiosi che disturbano gli utenti e premiare quelli interessanti per offrire la migliore esperienza possibile.
E sì: anche sui social, la reputazione aziendale la fa da padrona.
Non basta “esserci”.
Per essere visibili bisogna dire cose sensate, incontrare il favore degli utenti, stimolare il loro interesse, la loro interazione e ciò innescherà quel circolo virtuoso che porta ad una maggiore visibilità.
La rete è piena di rabdomanti dell’algoritmo di Facebook che promettono la formula magica per farselo amico, soggiogarlo e conquistare l’agognata reach.
Dobbiamo a malincuore ammettere che non siamo tra quelli. Noi siamo all’antica, di quelli che non perdono 7 chili in 7 giorni, che non guadagnano 10000 al mese lavorando un quarto d’ora al giorno e che, ahimè, non apriranno mai un conto a 6 zeri alle Cayman.
In compenso, siamo appassionati di quella comunicazione che è sostanza, informazione, cultura ed in questo post vi mostreremo l’ultima diavoleria pensata da Mark Zuckemberg, magicamente apparsa in alcune delle fortunate pagine cavia: la TAB “qualità della pagina” dove è possibile visionare comodamente i contenuti rimossi per violazione degli standard della community, raggruppati come nelle pagelle delle peggiori scuole di Caracas, nonché le notizie false valutate tali da fact checker indipendenti.
Quanta carne al fuoco, gente!
Tanta.
Vi rimando alla pagina dedicata per leggere i dettagli.
Basti qui sapere che ciò a cui fa riferimento Facebook sono i contenuti violenti, deplorevoli, non autentici o che violano il diritto d’autore.
Facebook ci prova. È vero che a volte censura la foto di un piede e non un post di insulti… ma che ci volete fare: nessun algoritmo è perfetto!
Quel che dimostra, ancora una volta, è l’impegno (col condizionale) a punire questo gene
re di contenuti.
In 2 parole, è partita (già da un po’ in verità) la lotta alle bufale… No, non quelle della mozzarella! E lo fa avvalendosi di fact checker esterni per valutare l’attendibilità delle notizie pubblicate e punendo, contestualmente, gli untori.
Diversi i gradi di valutazione: false, miste, non idoneo, satira, opinione, generatore di bufale (testuali parole), non valutato.
Facebook punisce i post nel modo che gli viene più facile: queste notizie vedranno ridotta la copertura e lo stesso trattamento subirà la pagina rea di diffusione ripetuta di notizie false o con titoli sensazionali acchiappa clic.
E no, cari miei: la riduzione di copertura può sempre essere compensata dagli investimenti in pubblicità e questo a Facebook conviene. Tant’è che, continuando a leggere vediamo quali sono le maniere forti: la pagina non potrà monetizzare né fare pubblicità. Facebook è disposto a rinunciare agli introiti della pubblicità in favore della propria reputazione.
Al di là degli obiettivi di marketing di Facebook che è pur sempre una società ed, in quanto tale, deve fatturare, c’è una speranza: i contenuti di valore pagano.
I concetti, i fatti, la qualità del contenuto sta prepotentemente tornando alla carica pronto a riprendersi il valore centrale che ha sempre avuto.
E la tua comunicazione è di qualità?
Quanta reputazione costruisce la tua pagina Facebook?